Giorni 8 9 10
Quando ho visto che stava vincendo il Nord Europa ho gioito per due motivi: uno, perché forse avremmo potuto vedere la Scozia e la Normandia e l’altro perché forse avremmo potuto passare dei giorni estivi a Bruxelles da mio fratello, cosa più unica che rara dato che normalmente d’estate viaggio e figurati se vado a Bruxelles. Dov’è il mare a Bruxelles?
Questa cosa di essere comandata da altri, invece, mi dà la possibilità di fare qualcosa che io non avrei mai autonomamente scelto e che quindi, per forza di cose, mi porta nel nuovo.
Non che Bruxelles fosse nuova.
Tra me e Gloria ci saremmo andate dieci volte, solo per trovare amici o parenti.
Ho sempre pensato che Bruxelles non fosse una città da visitare. Non è una di quelle mete europee ricche di bellezze, adornate da monumenti e attrazioni turistiche. Ma è una di quelle città da vivere direttamente. Mi fa sempre piacere metterci i piedi, camminarci per una giornata intera, scoprire negozietti e localini, scorci vari, come il giardino delle casette popolari di Etterbeek o il parco di Woluwe, il mercato di Place Jourdan che la domenica mattina fa da cornice a quella che è la prima tappa obbligata della capitale Belga: le frites di Chez Antoin con birra annessa ai locali di fronte. I piccoli negozi di vestiti usati del Marolles, le chocolaterie nascoste e costose, i mattoncini arancione scuro, il Roma Club e la confusione che è aria di vita, affaccendamento, incontri e movimento, inserita in un contesto sociale e politico che garantisce una qualità di vita che in Italia ci sogniamo.
Bruxelles è stata dunque una tappa sociale, condita da un letto e un bagno vero, gli abbracci di Manu e Giulia, relax e lunghe chiacchiere.
Una cena-aperitivo a Place Jourdan con gente vecchia e nuova ci porta ad allungare di un giorno la permanenza per poter ammirare una casa nuova costruita da zero, gustare degli gnocchi fatti in casa con annessi ragù e pesto homemade e godere della condivisione e di una serata con persone che ci mettono niente a diventare amici.
Prima di arrivare a Bruxelles, però, abbiamo scelto di fare una tappa ad Aquisrana. Stiamo là, è di strada, che te la perdi?
Alla fine ci siamo andate e ce la siamo anche persa.
Nel leggere una di quelle banalissime pagine internet “cosa vedere ad Aquisgrana te lo dico io so tutto e ripeterò “cosa vedere ad Aquisgrana” almeno altre dodici volte così il posizionamento del mio blog nelle ricerche migliorerà drasticamente” (che quando hai meno di mezza giornata per visitare un posto che fino a dieci minuti prima non sapevi manco dove posizionarlo sulla mappa, in realtà sono abbastanza utili), giuro che ho finito con gli incisi, ci imbattiamo nel Ludwig Forum per l’Arte Internazionale.
Non sapevamo ovviamente cosa fosse, ma leggiamo “costruito nello stile Bauhaus nel 1928 per assomigliare ad una stazione ferroviaria, questa ex fabbrica” e ci fermiamo qua. Andiamoci!
Non leggiamo nemmeno “ospita un’affascinante collezione di pop art americana e foto-realismo oltre a mostre che illustrano l’evoluzione dell’arte europea degli anni Sessanta”. Ci è bastato lo stile architettonico.
Abbiamo tre ore per girare Aquisgrana e noi iniziamo da lì.
Sei euro di biglietto di ingresso li spendiamo volentieri, soprattutto dopo che abbiamo letto che per tutti i rifugiati e per i volontari accompagnatori l’entrata è gratuita. Ci piace sempre di più questo Ludwig Forum.
L’ingresso trionfante nel museo che ci vede imboccare dentro con la macchina, parcheggiarla in maniera più che coatta di fronte all’ingresso ombreggiato, lasciare il cane in macchina ed entrare facendo le vaghe perché nessuno controllava, totalmente consapevoli che non ci saremmo mai potute parcheggiare là, lo bypassiamo.
Il museo è molto fico. Oltre all’esposizione permanente (che vede un entusiasmo particolare negli occhi di Marta di fronte al suo primo Andy Warhol) rimaniamo completamente affascinate d Keren Cytter, autrice della mostra temporanea multidisciplinare che include film, libri per bambini, poesie, soap opera, giochi, disegni, romanzi, poesie e fotografie, in più di cento lavori prodotti tra il 2002 e il 2022. Bad Words, si chiama, anzi: Bad Words or when you wake up and realize that you are late to your job interview with youre best friend’s ex and you are not lesbian, but the product of a patriarchal society that’s conditioned you to see women as sex objects. Ed esplora, tra le altre cose, la nuova normalità dominata da internet e social media che porta al collasso dei confini tra il pubblico e il privato. Bellissima!
Altro momento di entusiasmo totale è stato quando siamo entrate nella sala espositiva “Abracadabra”: totalmente dedicata ai cinque vincitori di un concorso artistico promosso a conclusione di un programma per le scuole elementari, che ha portato più di 200 bambini e bambine a sperimentare diversi materiali e forme artistiche intorno al tema ABRACADABRA.
Quando le cose “da grandi” diventano spazi aperti e vivibili anche per “i piccoli” allora ci sembra che un mondo migliore sia davvero realizzabile.
Bypassiamo ora anche la parte finale che vede la receptionist e due operai in preda al panico perché non trovano i proprietari della macchina blu – che per caso è vostra? – oddio sì, ma non si poteva parcheggiare? – no assolutamente è vietato, che paura, non sapevamo di chi fosse, la prossima volta non parcheggiate – ci scusiamo tantissimo via corri scappa ciao.
Siamo rimaste troppo tempo là dentro: ora abbiamo solo un’ora per trovare un parcheggio vero e visitare la città di Carlo Magno. Ovviamente non vediamo nulla, se non al volo la cattedrale di Aquisgrana – uno dei primi patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO, al volo Marktplatz con il castello di Carlo Magno, al volo Elisenbrunnen – o fontana di Elisa, emblema di Aquisgrana, da dove sgorga la famosa acqua termale alla temperatura di 55°C.
Al volo infine torniamo alla macchina per essere a Bruxelles all’ora di cena, un’ora e mezza dopo.
Wowwww... Interesting ...