Una cosa non sopportano Francesca e Claudia: le curve. Entrambe si sentono male.
Stamattina smontiamo tutto, più o meno secondo gli orari stabiliti, per andare in contrattacco a
Calvi ad affittare una bateau.
Salutiamo i nostri amici milanesi, grazie ai quali Lisandro, il proprietario del
campeggio-farme Le Mandriale, tipetto proprio simpatico e accogliente che parla italiano, ci fa un cospicuo sconto e in 4 con cane e due macchine andiamo a pagare poco meno di 10 euro a capoccia perché “Mauro e Valentina sono dei clienti speciali”.
Bravi i milanesi!
Con le macchine cariche riprendiamo la strada dei calanchi di ieri, quella stretta e tutta curve.
Solo che oggi non finisce: dura due ore e quaranta.
DUE. ORE. E. QUARANTA. DI. CURVE.
La preoccupazione per l’incolumità di Claudia e Francesca si fa sempre più pressante, tanto che ci fermiamo in un parcheggio per frenare le vertigini che manco sul Takadà vent’anni fa (ci siamo fermate anche perché ne stavamo iniziando a risentire pure io e Gloria. Nina no. Quella dormiva in grazia di Dio).
Bianche cadaveriche, con la nausea (e comunque con la fame), ricominciamo a respirare normalmente al primo rettilineo, che si palesa di fronte a noi un’ora più giù del parcheggio in cui abbiamo fatto la pausa.
Arriviamo a
Calvi alle 14:00, ci infiliamo al supermercato Géant Casino e ne usciamo 45 minuti dopo con una spesa abbastanza sensata, per la felicità di Gloria e Nina che ci hanno aspettate fuori tutto il tempo.
Dopo una rapida ma comunque comoda mangiata sotto la pineta di Calvi, andiamo alla ricerca delle barche.
Ci basta poco per capire che non è cosa: 250 euro per 6 ore di un gommoncino. Non ne vale la pena, soprattutto perché non abbiamo soldi.
Per fare questo lungo viaggio ci siamo date un
budget di 25 euro al giorno, pasti, benzina e campeggi inclusi, consapevoli che per la Corsica sia davvero poco, e saremmo state obbligate a rinunciare a parecchie cose (la birretta del tramonto, in primis). Fino ad ora ci siamo abbastanza dentro, quindi una barchetta l’avremmo presa volentieri, ma 60 euro a testa ci sembra eccessivo.
Rinunciamo. Riproveremo ad Isola rossa.
Intanto si sono fatte le 17:00: la giornata finisce e noi non abbiamo ancora raggiunto il campeggio né goduto di un bagno al mare.
Ma da buone calciatrici (!) ogni tanto ci riesce bene di recuperare.
Così alle 19:00 siamo in acqua a Isola Rossa, dopo aver montato la tenda nel
camping U Pignottu, ad
Avapessa, stupendo campeggio a conduzione familiare, sotto gli ulivi, in mezzo al nulla.
Isola Rossa è piena di vita, soprattutto di vita italiana, molto carina, molto turistica, molto romantici i tavoli sulla sabbia e ancora di più il treno che passa a bordo spiaggia.
Si rientra alle 20:30; alle 22:00 azzardiamo una cena con addirittura il doppio fornello. Qui hanno i tavolini, quindi non tocca mangiare per terra e ci va di lusso.
Per digerire il riso in bianco con piselli e pancetta improvvisiamo una passeggiata ad
Avapessa: ridente paesino in salita, cosparso di case con cortili pieni di tavole imbandite. Anche il paesino sembra a conduzione familiare, talmente tanto che Marotta si sente così a casa che viene a fare il giro direttamente in pigiama.
Un birillo per cantare i cori del Basiktas, dei fichi d’india altissimi, il monumento ai bambini caduti in guerra con cognomi italiani e nomi francesi, il rumore della zip che si chiude e buonanotte.