Domenica.
La domenica è il giorno del Signore. La domenica si riposa.
La domenica si riposa se sei praticante, se lavori in settimana e/o se sei un adulto in grado di fare le cose con tempi lenti e non sei come un odioso bambino di 6 anni che scalpita nel letto alle 8.30 di mattina perché vuole vivere la vita.
Bene. Noi non incarniamo nessuna delle tre situazioni. Quindi alle 8.30 abbiamo gli occhi sgranati e i piedi che scalpitano, non ci prendiamo momenti di riposo e non andiamo a messa (anche se entriamo comunque in tutte le chiese ortodosse che ci si presentano davanti).
Ci aggreghiamo al Tbilisi Free Walking Tours con Tamar che ci illustra tutta la zona di Neu Tiflis (Tbilisi Nuova), ovvero quella costruita dai tedeschi che nei primi anni del novecento si sono stabiliti in Georgia.
Tamar è un tipo alla Mrs Maizel (chi non ha visto la serie tv veda di recuperarla subito!), quindi il tour prende una vena piuttosto ironica e dinamica fin da subito. E noi di lei ce ne innamoriamo.
Soprattutto quando ci parla dei balconi di Tbilisi.
“Se dovessi raccontare Tbilisi in una sola parola direi “balconi”. Questi da sempre rappresentano lo spirito dei georgiani: sono i nostri antichi social network”.
Scopriamo quindi che ogni palazzo ha dei cortili interni sui quali affacciano dei balconi comuni a tutte le case. E che, in barba ai lotti di garbatella, loro vivono da sempre in una sorta di piccole comunità fatte di bambini che scorrazzano tra balconi e cortili, di compleanni e pomeriggi tutti insieme, di zucchero o coriandolo o pane condivisi, lì, dietro alle facciate di palazzi più o meno imponenti.
Questo, da quando hanno dovuto smettere di costruire case con i balconi che davano sulle strade, durante l’occupazione sovietica.
Lo spirito caciarone e familiare dei georgiani si riflette nella “backstreet” di Tbilisi.
La camminata si conclude al mercato delle pulci, dove Gloria ha potuto eccitarsi di fronte a tutte quelle cose inutili che trovi ad un mercato delle pulci georgiano: dai fusibili di ogni taglia, rinchiusi in scatole di cerini, ai pezzettini di ricambio degli impianti elettrici, a quegli orribili servizi di stoviglie borghesi, tipiche invece dei finti comunisti arricchiti.
Dato che ricche non siamo, e che quindi non ci si può permettere di spendere 300 euro per un servizio da 12 oro e blu, di ceramica viennese, in cui ogni pezzo è rigorosamente numerato, andiamo verso la città vecchia, quella di fronte all’altra città vecchia (qui sembra ce ne siano tre di città vecchie, io ancora non ho ben capito come funziona).
Da quella parte del fiume ci sono anche le strutture nuove, progettate da due architetti italiani: Fuffas e De Lucchi.
Ma soprattutto dall’altra parte del fiume troviamo un box, il quale per ogni bottiglia di plastica infilata dentro, tira giù una manciata di croccantini per i cani randagi di Tbilisi (dei quali ci innamoriamo ogni giorno di più: loro ti seguono, ti aspettano, ti scodinzolano, qualcuno si fuma un pacchetto di sigarette – vedi foto – e non vogliono cibo, ma prevalentemente coccole).
La giornata si conclude nel nostro posto del cuore, il rooftop di un localino nell’altra città vecchia.
Rientrate in ostello ci accordiamo con Obelix per la passeggiata di domani (ci farà da cicerone e ci sarà da divertirsi), e ci facciamo prendere in giro dal receptionist perché chiediamo uno zampirone per l’esterno, quando loro lo usano solo all’interno, perché fuori si perde nell’aria. Mah.
Stanche e felici della giornata, finiamo la chacha di ieri, appoggiamo le teste sui cuscini e ci addor