VIAGGI A MANO LIBERA

Giorno 4 - 24 LUGLIO

Roshka – Aboudelauri Lakes
Guesthouse Lulu
Sveglia ore 7. Colazione con gli avanzi della cena di ieri (che fai, non inizi la giornata con un po’ di insalata russa, funghi e peperoni, primosale stagionato, yogurt, frittata e pane burro e marmellata?) e alle 8.10 si va verso Roshka. 15 km da qui.
Ci dà uno strappo Gogi, che carino, pensiamo, ci sta accompagnando da tutte le parti (sorvoliamo sul fatto che solo in serata scopriamo che tutti gli spostamenti, all’insaputa nostra, ci sarebbero costati 150 lari.).
Comunque, 15 km.
Quindici kilometri: un’ora di macchina. In fondo se le strade sono tutte sterrate e piene di buche sassi e dossi, e le salite hanno una pendenza di 90^, un’ora 15 km è anche poco, a parte il fatto che non passa mai.
Ma quando si arriva su, a 2000 metri, e intorno hai solo morbide montagne coperte di tappeti verdi, ti dimentichi che sono più di 50 minuti che soffri per le tette che rimbalzano, e per la vescica che chiede pietà, e gli occhi, la bocca e le narici si spalancano.
Roshka sta in mezzo a niente. Oddio, “niente”. All’infinito! Solo cime verdi e boschi e torrenti e fiori e mucche. È talmente in mezzo al nulla che la “strada principale” è tagliata in due da un torrente, dentro il quale sono obbligate a passarci le macchine, non essendoci ponticelli.
Gogi ci porta direttamente all’imbocco di un sentiero secondario, quello dei cavalli probabilmente. Noi abbiamo provato a convincerlo a lasciarci in paese per prendere il sentiero principale, ma niente, lui sapeva. Lui ci portava. E così è stato. Ha proseguito per un altro paio di km e ci ha lasciato in mezzo ai monti.
In realtà è andata strabene, così abbiamo fatto un trekking ad anello e non avanti-e-ndrè per lo stesso sentiero.
È stato da brividi.
C’era mamma montagna, grande, morbida, verde, sulla destra, che metteva sicurezza e accompagnava i nostri passi. Davanti invece papà roccia, con tanto di ghiacciaio, che proteggeva dalle nuvole, e segnava il cammino.
Il percorso portava ad Aboudelauri Lakes, tre laghi di tre colori diversi. Blu, verde e bianco.
Purtroppo il bianco per eccesso di precauzioni (avremmo dovuto trovare un passaggio di ritorno a Barisakho e non volevamo riscendere troppo tardi) non lo abbiamo visto. Quello blu, il primo, scovato all’improvviso, ci ha chiuso le bocche per 5 minuti. Si aprivano solo per dire cose tipo “wow”. Gli occhi sono rimasti incollati lì su quel blu incredibile per parecchio altro tempo.
Poi siamo ripartire.
La cosa meravigliosa di quelle montagne, oltre al fatto che c’eravamo solo noi, una famigliola e una coppia di ragazzi che aveva campeggiato lì, è la quantità di acqua che sgorga da ogni dove. Dove ti giri ti giri trovi uno strascico bianco e senti il fruscìo dell’acqua.
(Ma i torrenti sono i veli delle montagne che si sposano col cielo, o è la pipì degli angeli?)
Tornate in paese, dopo sei ore di cammino, ci siamo bagnate i piedi nel torrente e abbiamo trovato una ragazzetta di 12 anni che parlava inglese meglio di me e Gloria messe insieme.
Ci dice che il padre fa il tassista e che per sevent** lari ci avrebbe portato a Barisakho. SEVENTEEN? Yes, sevent**. Mostro le dita. Diciassette. Si accetta e si va.
Ovviamente, arrivati a Barisakho il tipo (che non dice una parola in inglese) ci dice che erano SEVENTY i lari, così parte una lunga disquisizione in georgiano, terminata con lui che si tiene 10 lari, ci tira indietro gli spicci, e probabilmente bestemmiando se ne va.
Bodisho! (Scusa) gli diciamo
Bodisho ანუსნსოალ სჰდიმანაი აჰდიკაბა! Risponde. (Abbiamo serie ragioni nel credere abbia detto qualcosa tipo “scusa un cazzo”).
Così andiamo a spendere in birra i 7 lari che ci avanzavano, con un po’ di dispiacere per il misunderstanding (abbiamo provato a contrattare a 20 lari, è che proprio non avevamo di più, e poi 70 lari per 15 km sono una ladrata!). Alle 18 decidiamo di cenare in un chioschetto poco fuori Barisakho, in mezzo alla valle, con dei khinkali preparati dalla vecchia mamma e dalle figlie, bolliti nel pentolone delle streghe, e patatine fritte. 14 lari e tutto meraviglioso.
Cotte dal sole, dal vento e dalla birra, al di là di ogni previsione scegliamo di farci la doccia e ci ficchiamo a letto. Alle 21 Barisakho si accende e noi spegniamo le luci e chiudiamo gli occhi.
Domani Tbilisi!

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