Abbiamo assistito ad una delle scene più belle di sempre.
Decidiamo che oggi è il nostro giorno da vecchie. Inizia infatti con un bicchiere di acqua di Stalin alle 8 di mattina, andato a prendere a piedi ad un km dall’ostello. Prosegue sul trenino panoramico e ormai turistico che collega Borjomi a Bakuriani.
È un treno voluto dagli zar e costruito nel 1902, che passa in mezzo ai boschi fitti di questo Caucaso verde. Si chiama Koukou, dal rumore che faceva la vecchia locomotiva a vapore. Ora è elettrico.
Alle 10.55, ci saliamo noi e circa 237 famiglie ognuna con almeno due bambini e una nonna.
Due ore e mezza di viaggetto a 20 km/h. Un paesaggio meraviglioso da scrutare tra i fitti abeti del bosco in cui passiamo.
Bene.
Mezz’ora prima di arrivare, dentro al bosco, in mezzo al nulla, il trenino inizia a fumare.
Panico generale.
Si ferma. Le mamme coi bambini vogliono scendere. Scendono (ma restano lì perché non è che si poteva andare tanto lontano, si era in mezzo ai boschi).
Dopo 5 minuti fanno risalire tutti. Tutte e 30 le persone stipate dentro i 3 metri quadrati esterni che collegano i due vagoni. Ovviamente nessuno vuole entrare e sembriamo sempre più dei deportati.
Faremo sì e no 12 metri e la locomotiva ricomincia a fumare e a puzzare di bruciato. Questa volta peggio.
Di nuovo panico.
Scendono in tanti e poi risalgono immediatamente perché capiscono che tanto da lì non si può andare da nessuna parte e la locomotiva non sta andando a fuoco.
Gloria prova a rasserenare gli animi cercando di spiegare accuratamente a tutti i georgiani presenti che il problema è la cinghia. Ovviamente discorsi a vuoto.
Aspettiamo di più questa volta. Tipo una ventina di minuti. Sempre tutti là appiccicati, tra pianti di bambini, sguardi annoiati, sguardi preoccupati e conversazioni per noi incomprensibili.
Dopodiché provano a riaccendere il treno. Fa un metro in avanti e cinque indietro. Si ferma.
Eravamo tutti convinti che avremmo passato il resto della giornata ad aspettare che qualcuno ci venisse a raccattare, lì in mezzo al nulla.
Il treno riparte. La gente sospira e sorride. Il treno riparte, fa 6 metri avanti, poi una decina indietro.
È a quel punto che è arrivato il genio.
La nonna!
La nonna urla qualcosa a tutti i presenti. Annuiscono, e iniziano a recitare qualcosa in coro.
Ci mettiamo quei 3-4 secondi per capire che pregano.
La signora ha detto a tutti di pregare!
Ma di più!
Finita la loro preghiera il treno si riaccende (ma poi si sarebbe spento due minuti dopo). La signora spalanca gli occhi, sorride, e con più grinta ancora incita i presenti, iniziando a cantare.
Canta, la signora! Canta un inno al Signore.
Canta sempre più forte, accompagnando il canto con sguardi convinti e movimenti incitatori delle mani. Roba da ingaggiarla per la curva sud.
La seguono in tre, che prima si vergognano e bofonchiano e poi gridano con lei.
Ovviamente io e Gloria non potevamo guardarci, troppo impegnate a restare serie.
Il miracolo vuole che alla fine della seconda canzone il treno riparta davvero.
La signora si fa i tre segni della croce ortodossi, sorride a chi ha cantato con lei, annuisce, poi si rivolge alla bambina che aveva accanto dicendole qualcosa tipo “Hai visto, bambina? Ce l’abbiamo fatta.” e più che soddisfatta rientra dentro.
Tutto il resto della giornata non conta nulla, in confronto a questa scena epica.
(Anche se potremmo raccontare dei kilometri macinati per arrivare alle piscine termali e non fare il bagno; del fatto che abbiamo fatto un giro sulla barca dei pirati del Luna Park di Borjomi; delle nuotate nella piscina vuota e abbandonata; del ragazzo più bello del mondo che alloggiava nel nostro ostello; dell’acqua di Stalin che calda fa ancora più schifo. Ma non importa. La signora oggi si è meritata tutta la scena.)