Oggi è stato il giorno delle persone giuste.
Presente quando le giornate stanno per prendere una piega sbagliata ma tu incontri una persona giusta che per pura casualità te la rimette a posto? Ecco.
Cioè, sono cose che accadono solo se tu sei pronto ad accoglierle eh, quindi un po’ di merito ce lo prendiamo pure noi, ma fondamentalmente è solo grazie alla faccia contrariata della signora della boulangerie e alla proprietaria di un canone enorme e simpatico (con cui stranamente Nina andava d’accordo, nonostante appunto la sua stazza), se siamo riuscite a fare un trekking m e r a v i g l i o s o.
Ma andiamo con ordine.
Capitolo 1.
“La faccia contrariata della signora della boulangerie.”
Ormai siamo andate a rota con il pain au chocolat, preso una volta lo vogliamo tutte le mattine (in realtà ci è servito solo per sbrigarci a fare colazione), così andiamo in boulangerie molto prima dell’apertura dell’ufficio del turismo, al quale quindi non possiamo chiedere informazioni sullo Chemin des Cascades, che avremmo voluto fare oggi: 2 ore e mezzo di cammino, sei cascate, un antico ponte che portava in Spagna tempo fa.
Ci accolliamo quindi ai proprietari del negozio, chiedendogli informazioni: da dove parte il sentiero?
Ed eccola là, la nostra faccia contrariata.
Lui non fa una piega e ci spiega che parte da dopo la piscina (non ho detto che siamo a Cauterets, vero? E che Cauterets è una stazione termale l’ho detto? E che è proprio carina? Vabe.), salendo per le scalette.
Noi sorridiamo a lui e annuiamo guardando però lei e i suoi occhi sgranati. Poi continuiamo a fare colazione.
Lei ci fissa.
Io non me ne capacito, quindi quando vado a pagare, chiedo conferma che sia bello il percorso (“bellissimo!”). Ma lei continua a guardarmi in modo strano, quindi le chiedo direttamente se è difficile e se davvero ci vogliono 2 ore e mezza.
Ed ecco che la faccia contrariata che si scioglie e ci dice che col cavolo, sono almeno 4 ore dal paese e che per fare il percorso più breve (stasera dobbiamo essere a Bordeaux e nel pomeriggio dovrebbe piovere quindi non abbiamo proprio tutto il giorno) dobbiamo salire con la macchina a La Raillère.
Capitolo 2.
“La proprietaria del cane.”
A La Raillère, oltre a due cascate, cinque negozi di souvenir uno attaccato all’altro, ancora più fresco e tante macchine parcheggiate, ci aspetta una brutta sorpresa: i cani non possono entrare nel parco nazionale dei Pirenei, e le Chemin des Cascades parte proprio dall’ingresso del parco.
Ma noi non demordiamo, andiamo a chiedere alla proprietaria di quel cane che sta abbaiano a Nina e che guarda un po’ è proprio il cane di stamattina che si è avvicinato alla macchina lì dove abbiamo dormito!
La signora è la proprietaria sia del cane che di un negozio di souvenir, quindi ne sa.
Ci dice che no, i cani non possono entrare e che comunque potremmo fare il sentiero de La Fruitière, arrivando fino a le Lac d’estom. 6 ore andata e ritorno.
Siamo un po’ al limite con gli orari, ma comunque ringraziamo e torniamo verso la macchina.
Nina è desolata, non se ne capacita del perché continuiamo ad andare via da posti stupendamente freschi e verdi.
Capitolo 3.
“Il pont d’Espagne.”
Io sto ponte però lo volevo vedere, pare sia stupendo.
Quindi decidiamo di arrivarci in macchina (è talmente turistico che si può fare). Il parcheggio costa 7 euro per la giornata (da lì partono parecchi sentieri) ed è gratuito il primo quarto d’ora.
Diventa una sfida.
Lasciamo la povera Nina in macchina e iniziamo a correre verso sto ponte che è a 5 minuti a piedi dal parcheggio.
Dobbiamo metterci meno. Non dobbiamo pagare. Superiamo correndo in salita allegre famigliole e coppiette ben vestite, che vanno a farsi le foto al ponte e a passare una giornata al Lac de Gaube che si raggiunge con un’oretta e mezza di cammino. È pieno di gente. Noi ci facciamo spazio e arriviamo finalmente al ponte. Bello eh. Bello davvero, ma fondamentalmente per via della natura nella quale è immerso. Da dietro sbuca una cascata, quindi è l’insieme ad essere bello, perché sto ponte non toglie proprio nulla a un qualsiasi ponticello romano.
Sono passati 7 minuti, comprensivi di un paio di foto.
Corri, torna in macchina in discesa a gambe sciolte, e se per caso una delle due cade, l’altra deve continuare, togliere la macchina dal parcheggio e tornare indietro a recuperare chi si è fermata!
Fortunatamente nessuna è caduta e siamo riuscite a fare tutto in 13 minuti. È stato parecchio divertente.
Capitolo 4.
“Da la Fruitière a le Lac d’Estom.”
Decidiamo di tagliare un pezzettino del percorso da 6 ore a/r che ci aveva consigliato la tipa del cane e di partire direttamente da la Fruitière, così da avere 4 ore a/r e i tempi più tranquilli.
Che paesaggi, ragazzi, che paesaggi!
Altro che le chemin des cascades, che costeggia la strada ed è pieno strapieno di gente!
Stiamo in una vallata (oddio, anche qui la quantità di gente non è male eh) e costeggiando un torrente, saliamo di 500 metri in 6 km e ci ritroviamo ad un lago. Il percorso è abbastanza semplice, giusto al ritorno, in discesa, il mio ginocchio ne risente un po’.
Il panorama è sublime e la cosa che più mi piace del camminare accanto al torrente è che l’acqua con i suoi diversi e sinuosi movimenti ha una capacità unica di cambiare il paesaggio e di donare scorci diversi ad ogni passo.
Nina è in brodo di giuggiole (in realtà lo è da stamattina, quando, uscita dalla tenda poco prima delle 7, ha respirato la montagna con i suoi 9 gradi – ed ora finalmente si cammina, finalmente ragazze, ce l’avete fatta, sono le 10!).
Dovrebbe stare al guinzaglio, ma superate le mucche la sleghiamo un po’, che tanto figurati se si allontana da noi.
Nei momenti in cui incontravamo mucche o gente l’abbiamo legata, per il resto ha corso come una matta, si è infilata in tutti i ruscelli (una quantità di acqua inverosimile), è salita sulle rocce, ci è venuta a chiamare quando restavamo più indietro, ci è stata accanto.
Andare in montagna con Nina ti dà una carica maggiore.
Comunque. Siamo estasiate dal panorama, dal verde, dalle rocce, dal cielo azzurro, dall’acqua che sgorga da ogni dove, dalle mucche con un manto color ocra chiaro che sembra morbidissimo, e infine dal lago.
Lì ci si riposa, si prende il sole una mezz’ora, si mangia una pesca e via, si ritorna.
Felici, tutti e tre, come non mai.
Forse Nina di più.
Capitolo 5.
“L’arrivo a Bordeaux.”
Sono impazzita. Punto. Penso non ci sia altro da aggiungere. Lo aggiungerò prossimamente, anzi, dato che ci fermeremo qui nei dintorni per parecchi giorni.
Basti sapere che sono impazzita, che ho urlato, cantato, che avevo millemilioni di farfalle nello stomaco e che non riesco, ancora, a smettere di ridere e sorridere, nonostante la stanchezza che mi si sta mangiando gli occhi.