VIAGGI A MANO LIBERA

Giorno 31 - 24 agosto

Sauze d’Oulx

Fa fresco in montagna eh?
Bella questa temperatura bassa che ci costringe ai finestrini chiusi, al pigiama lungo e ad un pile sempre a portata di mano. Ce la stiamo godendo tutta. La stiamo immagazzinando nelle ossa, nelle dita dei piedi e delle mani, nella schiena, nelle cosce, nel petto, nel viso, così da poter affrontare il caldo del centro Italia, verso cui oggi, continueremo a muoverci.
In realtà desidero anche il sole, il clima mediterraneo, le cicale nel silenzio estivo, le strade vuote, il mare.
Il mare.
Ma non oggi. Oggi siamo sulle Alpi e ci aspetta una bella escursione, dopo la quale, verso le 14, come defaticamento e come premio, guideremo per 5 ore nel caldo torbido, rigorosamente senza autostrade, fino a Genova.
Siamo nella Riserva Naturale del Gran Bosco di Salbertrand, e con l’ausilio di Wikiloc troviamo un percorso che parte dalla casa delle capre e arriva al faro degli alpini (dove, a differenza del secondo, il primo non è un luogo ufficiale, ufficialmente si parte da La Richardette).
L’obiettivo non è arrivare in vetta al Monte Genevris, anche perché dà pioggia dalle 14 e noi stiamo comodamente partendo alle 10, però ecco, non si sa mai.
E questa cosa che quando parti in luoghi sconosciuti e magari anche un po’ a caso (sempre eh, ma a piedi particolarmente) “non-si-sa-mai”, ci piace alla follia.
Perché mai, prima, puoi sapere quali scorci incontrerai, che tipo di sottobosco ci sarà, come e se cambierà il tempo, dov’è che ti perderai il cane tra l’erba alta mezzo metro e per quanto tempo sarai costretta a chiamarla e richiamarla e fischiare e urlare prima che con la lingua sotto le zampe dalla lunga corsa, chissà dove cazzo stava, torna felice come a dire ehi ragazze tranquille sono qua è inutile che continuiate a chiamarmi, anche se sono otto minuti di orologio che la aspettiamo in mezzo al sentiero.
Non si sa mai che esseri viventi incontrerai e cosa succederà tra voi e intorno a voi nel momento dell’incontro.
Come incontrare mucche su mucche al pascolo, di ogni colore, distese, sedute, in piedi, che brucano o allattano, sui prati o in mezzo al tuo sentiero e tenere Nina stretta, vederla tremare, pronta ad abbaiare a quegli esseri giganti e così mostruosi, con quel suo essere fintamente minacciosa perché sappiamo bene che poi, appena gli va sotto urlandogli “a belle scanzateve io vi uccido teneteme che le ammazzo tutte”, e una sola delle mucche fa per sbaglio un lieve gesto con la testa, Nina corre via nascondendosi dietro di noi e palesando la sua indole da cane fifone.
Non si sa mai che ti capiterà di incontrare un pastore in moto da cross che controlla e sistema alcune delle mucche di cui sopra senza mai scendere dal suo bolide.
O di sentire i fischi delle marmotte vicino a te, sicura che stiano avvertendo tutti della tua presenza, e cercarle spasmodicamente, tentare di tirare fuori la loro figura mimetica tra la texture delle rocce, e riuscirci, vedere che effettivamente sta a 30 m da te, e che non è una, sono due, anzi tre, e alla fine cinque. Una famiglia intera che si avverte, ci guarda, resta immobile, cambia luogo, avverte di nuovo, ci fissa.
E non sai mai quindi che ti batterà forte il cuore da quell’incontro perché mai ne avevi vista una, o cinque, così vicine da poterne riconoscere le sfumature dei colori; o che palpiterà nello stesso modo di fronte ad una distesa di Stelle Alpine poco prima di arrivare in vetta.
Non si sa mai (oddio questo l’avresti potuto sapere se ti fossi informata prima) che strade incrocerai, quali sono le sue storie. E noi dopo 1 km di salita in verticale e 4 km di salita più morbida, arriviamo sulla “Strada dellassietta”, la più alta strada militare d’Europa che si srotola per 60 km, restando per lo più sopra i 2000 m d’altezza, che oltre al mondo militare è stata protagonista del mondo degli alpeggi e delle aree protette.
Non si sa mai.
E, appunto, in cima al Monte Genevris, a 2536 slm, ci arriviamo, senza averlo saputo prima, spinte dalla meraviglia della vista sulle montagne che incoronano Sauze d’Oulx e su quelle, del versante opposto, che nasconodo Sestriere dai nostri occhi.

Dopo 16 km, 4 ore e 700 m di dislivello in salita e poi in discesa, siamo cotte e appagate. E affamate.
Nina è sfranta più di noi.
Però lei poi non ha dovuto guidare per le montagne, per il raccordo di Torino, per le stradine liguri fatte di curve e saliscendi e traffico bucolico dato dai trattori, e per il traffico di Genova che per attraversarla ci son voluti 50 minuti.
Nina ha beatamente dormito nella sua cuccia, dietro.
Noi no.
E come ultima tappa in solitudine – domani ci aspettano Flavia e Lorenzo all’Argentario per del sano e benedetto mare – ci fermiamo nel campeggio di Genova est, convinte esclusivamente dalla pulizia dei bagni, dato che spendiamo 29 euro per una notte in un pertugio in mezzo alla strada, tra una casa mobile e una roulotte, senza la possibilità di stendere un filo o aprire un tavolino. E non ci siamo fatte abbindolare dall’ostentata gentilezza della proprietaria: quel posto non vale quei soldi. Ma noi dobbiamo fare una doccia e lavare i panni e ricaricare l’acqua.
Siamo a corto di tutto, stasera anche di forze per dire ‘no’.