Il risveglio è stato davvero una goduria, come ogni volta che si fa libera. Silenzio, colori meravigliosi e odori intensi.
Non facciamo nemmeno in tempo ad aprire la porta che Nina ci zompa addosso e, una volta slegata (lei dorme in una tenda fuori, legata con un lungo guinzaglio alla ruota della macchina) inizia a correre come una pazza, felice.
La felicità di Nina la mattina è uno dei più bei regali che ogni giorno ci fa. È contagiosa.
Cosi, felici in tre, prepariamo la colazione sul prato.
Una volta sistemato tutto, lavate, improfumate e vestite partiamo alla volta del Verdon.
Salutiamo una vecchina che camminava sul ponte romano che divideva il nostro spot della notte dalla strada principale, facciamo benzina al benzinaio, e via.
Mentre andavamo abbiamo anche trovato un trekking fantastico di 14 km, 6 ore, che da su scende fino al fiume e poi risale ancora in un punto super panoramico.
L’unico piccolo problema tecnico si pone quando un tizio, 20 km di curve dopo la nostra partenza, ci lampeggia.
“ma che avrà da lampeggiare?”
“boh ci sarà un posto di blocco?” intervengo con noncuranza.
“no, è qualcos’altro.” dice Gloria pensierosa.
Silenzio.
“Sì sarà aperto il carcargo?”
Silenzio.
“tu l’hai chiuso il carcargo vero Glo?”
“io mi sa di no. Tu?”
Silenzio.
Inchiodiamo accanto ad un vecchio lavatoio e scendiamo dalla macchina.
Il carcargo è aperto.
Aperto. Santo cielo. L’abbiamo lasciato aperto che rincoglionite.
Tra tutte le cose che ci teniamo dentro (ruota di scorta con attrezzi vari-tendalino-doccia-tenda per la doccia-tenda di Nina-2 maschere e boccagli-tenda per noi-un tavolino-due sedie-due teli impermeabili), di tutto, è volata la tenda di Nina. Povero cane.
Povere noi, piuttosto, che ci siamo dovute rifare chilometri e chilometri di curve indietro per andarla a cercare.
Ovviamente la tenda è stata prelevata da qualcun altro, dato che non era da nessuna parte.
Mentre andavamo ci è tornata in mente la vecchina che ci salutava, e i tipi al benzinaio che sorridevano. Salutavano e sorridevano… Massantocielo, ma che te saluti? Ma ce vòi dí che semo du rincojonite? Ma davvero j’è venuto in mente solo al tipo 20 km più giù rispetto a dove siamo partite? Bah. Maledetti francesi.
Vabe. Non demordiamo e torniamo verso le gole salutando il trekking di sei ore (arriviamo alle 12:30) e certe di dover far tappa da Decathlon prima della chiusura per prenderne un’altra (sto budget giornaliero sta andando a picco).
Le gole del Verdon sono spettacolari, fermiamo la macchina ad ogni belvedere per affacciarci e godere di tutto quel verde e dei muri di pietra che si tuffano nel fiume grigio.
Parcheggiamo con facilità (nonostante la miriade di macchine) allo Chalet de la Maline, da dove sarebbe partito il sentiero Blanc-Martel che ci avrebbe portate a Point Sublime. Poi andiamo a studiare la mappa.
Si scende al fiume, si varca il ponte e poi si risale su.
Che goduria.
Il sentiero è breve e ripido. In un’ora -pausa pranzo compresa- siamo giù.
Il fiume non è balneabile, anzi, dicono di fare attenzione perché essendoci una concatenazione di dighe l’acqua potrebbe alzarsi all’improvviso e la corrente è abbastanza veloce.
Noi ubbidiamo e ci godiamo il panorama, unica eccezione per il mio ginocchio che si merita 10 minuti di ibernazione in acqua, rigorosamente a riva e con la compagnia di Nina-la-vecchina che adora stare ferma con l’acqua a mezze zampe.
Risalire su è stata tostarella soprattutto per via del caldo, ma per fortuna molto breve. Più che altro perché in tutto questo siamo riuscite a portare solo 75 cl d’acqua in due, alla fine egregiamente dosata.
Arrivate in macchina però ci siamo scolate una bottiglia intera, ancora fresca, grazie al freezer di Raffa (che l’ha congelata insieme ai due ghiaccini) e alla borsa frigo rigida che ha sufficientemente tenuto la temeperatura, nonostante i 35 gradi esterni.
Sudate e rifocillate ci rimettiamo in viaggio.
Viaggiare con la macchina e senza alcuna restrizione/condizionamento organizzativo è bello perché ti permette di fermarti ogni volta che i tuoi occhi si illuminano.
Come davanti al lago di Saint Croix e ai suoi 2593 pedalò che sguazzano in acque di un celeste imbarazzante.
O in mezzo ad un campo di lavanda nei pressi di Riez, il cui profumo ti ubriaca di benessere e libertà.
Comunque. Il resto del tempo si è consumato da Decathlon di Manosque e poi in macchina, a cercare (tramite Park4Night) un posto dove dormire.
Optiamo per una pineta vicino ad Auriol (GPS : N 43°23’25.7964” E 5°38’49.452”
43.390499, 5.647070) , in modo che domani possiamo muoverci verso il parco nazionale de les Calanques, a Marsiglia.
Nemmeno il tempo di iniziare a sistemare per la notte sfruttando le ultime luci del giorno e Gloria aveva già apparecchiato la tavola con tonno, carciofini e taralli portati da Roma. Perché la ragazza, prima di partire, è riuscita a dire “amore, facciamoci una promessa: in viaggio mangiamo poco e saltiamo la cena.” io ovviamente le ho detto che la cosa della cena era una follia che lei era una pazza e che avrebbe potuto fare quello che voleva, io avrei mangiato. “Ok. Al limite la salto solo io”.
Taralli, carciofini e tonno mentre io sistemavo la camperizzazione e due giorni interi a ripetere ‘ho fame’, la ragazza.
E stiamo solo all’inizio.
Dai ragazze state facendo un viaggio bellissimo vi seguo passo dopo passo!! Attendo con impazienza il diario delle Calanquws
Grazie!!!!!
Come avete fatto per Nina?
Abbiamo comprato la tenda nuova! 🙂
Les gorges du Verdon le ho viste due volte e mi hanno sempre incantato. Manosque per Simo è tipo terra Santa per aver mangiato il miglior confit de canard di sempre. Buon proseguimento. Vi seguo con il pensiero ;-*
Le Gole del Verdon ti lasciano senza fiato! Simone, invece, pare abbia lasciato il cuore in parecchi ristoranti francesi! 🙂