E niente, non mi regge di mangiare le ostriche a colazione. Anche se ostriche e caffè secondo me possono avere comunque un loro fascino insieme.
No, forse no.
Che schifo.
Abbiamo finito le scorte per la colazione, quindi tocca fare questo enorme sacrificio e mangiare del pain au chocolat in una boulangerie su strada.
Io continuo a desiderare di tornare a quella di Saint Brouic, enorme, al lato di una statale, in mezzo alla zona commerciale, dove ho mangiato quel meraviglioso Kuignette che sto ricercando ovunque e che invece sembra non esistano più da questa parte della Bretagna. Solo grandi Kouign Amann, prevalentemente nature, o con mele e caramel beurre salé, ma non mini Kuignette al caramello. Erano deliziosi.
Ormai ogni tappa ha l’obiettivo primo di trovarne uno.
Per questo ci spostiamo a Dinan.
No, non è vero, non per questo.
Ci si sposta a Dinan perché è la città medievale per eccellenza della Bretagna. Un bijoux, dicono.
E un bijoux è.
Ci è piaciuta tantissimo, nonostante anche qui la presenza di fiumi di turisti.
L’abbiamo girata in lungo e in largo, con il naso all’insù e gli occhi che godevano delle facciate dei palazzetti a graticcio, rigorosamente storti insieme a quelli antichi in pietra. L’aria medioevale si respira ancora un po’, si infiltra tra gallerie d’arte e negozietti, che sono molto più ricercati delle altre località turistiche.
Ed è in uno di questi che abbiamo incontrato León, un piccolo settenne che presidiava la scrivania di una boutique di vestiti da donna.
Trovo dei pantaloni bianchi che mai avrei pensato di provare e che invece qui, in mezzo alle lande e alla moda francese mi ispirano tantissimo. Con i pantaloni in mano, mi guardo intorno e non so cosa fare, il bambino non alza gli occhi dal suo tablet e non c’è traccia di adulti.
“Posso chiedere a te?”
Silenzio. Mi guarda e non risponde.
“Sei solo?”
“Sì” , a questo punto risponde con timidezza e con uno sguardo tra lo spaesato e il concentrato.
“E posso chiedere a te?”
“Sì”
“Li vorrei provare”
“Ok”
Ma resta lì fermo, a guardarmi.
“Dove?”
A quel punto si alza, toglie un carrello pieno di cerchietti ed elastici colorati da accanto ad una parete del negozietto di 15 metri quadrati massimo, e chiude una tenda grigia, creando un camerino.
“Qui”
Ringrazio ed entro. Esco e mi guardo allo specchio: i pantaloni mi stanno benissimo.
Il bambino che si è riseduto sulla sua postazione non alza lo sguardo dal tablet.
Ci piace questa anarchia, così Gloria mi fa provare altri tre capi, ma io ormai mi sono innamorata dei miei primi pantaloni bianchi.
Alla fine riposiamo tutto al loro posto, e con aria un po’ imbarazzata – non so davvero come comportarmi – guardo intensamente il bambino fino a che non ricambia lo sguardo.
“Vorrei questi. Come facciamo?”
“Sì”.
Ma che risposta è “sì”? Gloria mi guarda, io la guardo.
“Non c’è proprio la tua mamma eh?”
“No, è andata a comprare le crêpes”
“Ah! Per te?”
“Sì”
“Come ti chiami?”
“Leon”
“Leon allora facciamo così. Questi li lascio qui, tu non li devi vendere, li vengo a prendere dopo, quando è tornata la tua mamma”
Silenzio.
“ok?”
“Sì”
Incerta sull’effettiva comprensione poso gelosamente i pantaloni sull’appendiabiti.
Continuiamo a camminare nella speranza di ritrovarli più tardi, non mi è sembrato così sicuro di quella conversazione León.
Giriamo l’angolo e ci ritroviamo al mercato: davanti a noi una fila lunghissima di gente che attende il suo turno per delle invitantissime galettes bretoni. Individuiamo anche la mamma, siamo certe sia lei.
Il mercato è grande e pieno di cibo, le pance brontolano, e dopo aver fatto un giro di ricognizione regaliamo alla nostra fame (e meno al nostro fegato) un cartoccio di pastella fritta al sapore di qualche pesce e dei gamberi fritti che peccato averne presi solo sei perché ce ne saremmo mangiati almeno il doppio. Almeno.
Mangiamo tutto su una panchina nella più bella piazzetta di Dinan, fronte tour de l’Horloge, ma soprattutto fronte negozietto di vestiti dove la mamma mi aspettava spiegandomi che León le aveva detto che non doveva assolutamente vendere quei pantaloni, che doveva tenerli da parte e le aveva riferito che la conversazione era stata difficile perché penso che non sia francese quella persona dei pantaloni. Per 15 euro un servizio impeccabile (oltre che dei bellissimi piantoni). Bravo León!
Salutiamo Dinan e ci spostiamo verso Rennes, fermandoci nella periferia, nella zona degli stagni (altro che viaggio per les parcs nationaux françaises, è un viaggio per les étangs nationaux françaises), dove riusciamo a berci una birra sedute a tavolino, in un parco bellissimo, e a caricare il computer che stava in fin di vita.
Lo spot di oggi non è da meno: fronte canale e relative barche (dove qualcuno ci vive), un salice, un tavolino da pic nic e un bel tramonto riflesso in acqua.
Questa Francia è proprio amica dei camperisti!